L’attacco alla Crocus City Hall, avvenuto il 22 marzo, ha rappresentato il più sanguinoso attentato terroristico in Russia negli ultimi 20 anni. Gli assalitori armati hanno fatto irruzione nella sala concerti, sparando sulla folla e facendo detonare esplosivi, con un ingente numero di morti e feriti. La brutalità dell’attacco ha scioccato l’opinione pubblica russa e internazionale.
Il bilancio delle vittime dell’attentato, superiore a 140 morti, ha evidenziato la gravità della minaccia terroristica per la Russia. L’attacco ha messo in discussione l’efficacia delle misure di sicurezza adottate dal paese e ha sollevato dubbi sulla capacità delle autorità di prevenire simili tragedie in futuro. La percezione della sicurezza nazionale russa è stata scossa, con ripercussioni sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

Nelle prime ore del 23 marzo, l’ISIS-K ha rivendicato la responsabilità dell’attentato attraverso il suo canale Telegram. Questo gruppo terroristico, affiliato all’ISIS ma operante principalmente in Afghanistan, ha dimostrato la sua capacità di colpire ben oltre i confini afghani. La rivendicazione ha messo in luce la crescente minaccia posta dall’ISIS-K e la necessità per la Russia di affrontare questo pericolo proveniente dal suo fianco meridionale.
La risposta iniziale della Russia all’attacco
La risposta iniziale della Russia all’attentato è stata caratterizzata da accuse contro l’Ucraina e da una minimizzazione della minaccia posta dall’ISIS-K. Alti funzionari russi, incluso il presidente Vladimir Putin, hanno suggerito un coinvolgimento ucraino nell’attacco, pur in assenza di prove concrete a sostegno di tali affermazioni. Allo stesso tempo, è stata ammessa la responsabilità di militanti dell’ISIS-K reclutati attraverso canali Telegram.
Il presidente Putin ha affermato che l’attentato si inseriva “logicamente nelle campagne di intimidazione condotte da Kiev” e che la Russia era interessata a scoprire chi avesse dato l’ordine di compiere l’attacco. Queste accuse, però, non sono state supportate da prove concrete.
La minimizzazione della minaccia posta dall’ISIS-K
Nonostante la rivendicazione dell’ISIS-K, le autorità russe hanno inizialmente minimizzato la minaccia posta da questo gruppo terroristico. L’attenzione è stata invece diretta verso l’Ucraina, con funzionari russi che hanno suggerito un ruolo di Kiev nel facilitare la fuga dei terroristi verso l’Ucraina stessa. Questa narrativa sembrava voler sminuire la capacità dell’ISIS-K di colpire la Russia. L’uso di un linguaggio vago e generico riguardo al presunto ruolo di Kiev nel “facilitare” l’attacco, senza presentare evidenze tangibili, ha messo in dubbio la credibilità delle accuse russe.
L’ammissione del reclutamento dei terroristi attraverso i canali Telegram dell’ISIS-K
Il 27 marzo, l’agenzia di stampa statale russa RIA Novosti, citando una fonte dei servizi di sicurezza, ha ammesso che gli individui che hanno compiuto l’attentato erano stati reclutati attraverso i canali Telegram dell’ISIS-K rivolti ai tagiki. Questa ammissione ha contraddetto in parte la narrativa del coinvolgimento ucraino e ha riconosciuto il ruolo dell’ISIS-K nel reclutamento dei terroristi.
Gli obiettivi geopolitici della Russia nella guerra in Ucraina
La risposta della Russia all’attentato di Mosca va inquadrata nel contesto più ampio della guerra in Ucraina e degli obiettivi geopolitici di Mosca. L’uso propagandistico dell’attacco per rafforzare il sostegno alla guerra e la riluttanza ad ammettere apertamente la minaccia dell’ISIS-K riflettono la priorità data dalla Russia al conflitto ucraino. Allo stesso tempo, il Cremlino è consapevole dei rischi di contromisure eccessive che potrebbero danneggiare l’economia russa e dei paesi dell’Asia centrale.
L’uso propagandistico dell’attacco per rafforzare il sostegno alla guerra
La Russia ha utilizzato l’attentato di Mosca come strumento propagandistico per rafforzare il sostegno interno alla guerra in Ucraina. Suggerendo un coinvolgimento ucraino nell’attacco, il Cremlino ha cercato di dipingere Kiev e i suoi partner occidentali come una minaccia per la sicurezza della Russia, giustificando così la necessità di proseguire il conflitto. Questa narrativa mira a mobilitare l’opinione pubblica russa a favore della guerra.
Inoltre, riconoscere apertamente la minaccia posta dall’ISIS-K rischierebbe di creare aspettative di una risposta antiterrorismo più drastica da parte della Russia, con il rischio di dover distrarre risorse significative dalla guerra in Ucraina. Per il Cremlino, il conflitto ucraino ha una valenza strategica di lungo periodo, mentre la minaccia di gruppi terroristici come l’ISIS-K è considerata meno acuta. Pertanto, la Russia è riluttante ad ammettere pienamente la portata del pericolo rappresentato dall’ISIS-K.

Non va trascurato poi che adottare misure troppo drastiche per ridurre la minaccia dell’ISIS-K, come una repressione indiscriminata dei migranti centroasiatici, rischierebbe di danneggiare economicamente la Russia e i suoi partner dell’Asia centrale: i migranti rappresentano una fonte di manodopera a basso costo per la Russia e sono vitali per le economie dei paesi centroasiatici, pertanto contromisure eccessive potrebbero aumentare povertà e vulnerabilità alla radicalizzazione in queste regioni.
Più probabilmente, la Russia potrebbe utilizzare il presunto coinvolgimento dell’Ucraina nell’attentato di Mosca per giustificare ulteriori sforzi di mobilitazione militare contro Kiev. Presentando l’Ucraina come una minaccia diretta alla sicurezza interna russa, il Cremlino potrebbe cercare di convincere l’opinione pubblica della necessità di intensificare le operazioni militari per raggiungere una vittoria decisiva nel conflitto.
Le probabili risposte concrete ma limitate della Russia
Nonostante la retorica accusatoria nei confronti dell’Ucraina, le risposte concrete della Russia all’attentato di Mosca saranno probabilmente limitate. Ci si possono aspettare misure come la riassegnazione del personale di sicurezza, raid dimostrativi sui migranti illegali sospetti e un inasprimento di alcune procedure di frontiera e migrazione. Tuttavia, vincoli economici e politici limiteranno la portata della risposta russa, rendendo impossibile eliminare completamente la minaccia dell’ISIS-K.
Una delle prime misure che la Russia adotterà sarà la riassegnazione di personale di sicurezza, in particolare dell’FSB, dalle attività legate alla guerra in Ucraina al contrasto del radicalismo interno e alla sorveglianza dei migranti centroasiatici. Ci saranno anche raid su larga scala per controllare i documenti dei migranti e individuare eventuali irregolarità. Queste azioni avranno in parte un carattere dimostrativo, volto a rassicurare l’opinione pubblica sulla determinazione delle autorità nel affrontare la minaccia terroristica.
La Russia potrebbe, poi, introdurre alcune modifiche formali alle procedure di ingresso e soggiorno dei migranti centroasiatici, ad esempio rendendo più stringenti i requisiti per ottenere permessi di lavoro. Tuttavia, è improbabile che queste misure vadano a stravolgere completamente l’accessibilità del territorio russo per i cittadini delle ex repubbliche sovietiche. Cambiamenti troppo radicali, come l’introduzione di visti, rischierebbero di compromettere il delicato equilibrio economico e sociale che lega la Russia all’Asia centrale.
Come detto, infatti, è forte la dipendenza dell’economia russa dalla manodopera a basso costo fornita dai migranti centroasiatici. Una repressione indiscriminata rischierebbe di provocare un esodo di massa di questi lavoratori, con gravi ripercussioni per settori chiave come l’edilizia e l’industria estrattiva. Inoltre, il Cremlino è consapevole che un approccio troppo duro potrebbe alienare i governi dei paesi centroasiatici, mettendo a repentaglio la stabilità di una regione di cruciale importanza geopolitica per la Russia.

In linea generale, qualsiasi saranno le misure adottate, sarà impossibile per la Russia eliminare completamente la minaccia posta dall’ISIS-K: la presenza di milioni di lavoratori migranti provenienti dall’Asia centrale, che si spostano regolarmente tra i loro paesi d’origine e la Russia, rende estremamente difficile individuare e neutralizzare preventivamente tutti i potenziali terroristi. Inoltre, l’aumento del traffico di merci tra la Russia e l’Asia centrale e le opportunità di contrabbando di armi legate alla guerra in Ucraina complicano ulteriormente il quadro della sicurezza.
L’interesse della Russia a preservare i flussi migratori dell’Asia centrale
Per molti paesi dell’Asia centrale, il denaro inviato a casa dagli emigrati che lavorano in Russia rappresenta una fonte cruciale di reddito. In Tagikistan, ad esempio, questo flusso genera circa un terzo del PIL nazionale. Una drastica riduzione di lavoratori migranti verso la Russia avrebbe effetti devastanti su queste economie, con il rischio di aggravare povertà e instabilità sociale.
La Russia ha tutto l’interesse quindi a mantenere vivo il flusso migratorio dai paesi dell’Asia centrale, al fine di prevenire il collasso di queste economie e l’instabilità politica e sociale che ne deriverebbe. Un aumento della povertà e della disoccupazione in queste regioni potrebbe infatti favorire la radicalizzazione di fasce sempre più ampie della popolazione, con il rischio di un’ulteriore diffusione dell’estremismo islamico. Per Mosca, la stabilità dell’Asia centrale è una priorità geopolitica, poiché eventuali crisi in quest’area potrebbero rapidamente riversarsi sul territorio russo.
L’intensificazione delle attività russe nei territori degli stati partner dell’Asia centrale
In risposta all’attentato di Mosca, la Russia intensificherà le sue attività di intelligence e cooperazione in materia di sicurezza con i paesi partner dell’Asia centrale. Questo comprenderà certamente la partecipazione attiva dei servizi russi nella ricostruzione delle catene relazionali in madrepatria dei terroristi dell’attacco al Crocus Hill, oltre che generali pressioni per una cooperazione più profonda in materia di antiterrorismo e sorveglianza e sforzi per elevare il coordinamento politico attraverso nuovi accordi bilaterali. Tuttavia, i costi finanziari e i rischi politici di misure di sicurezza eccessive potrebbero rappresentare un ostacolo per i governi regionali.
L’interrogatorio delle famiglie dei terroristi in Tagikistan da parte del personale di sicurezza russo
Secondo quanto riportato da Reuters il 26 marzo, personale di sicurezza russo in Tagikistan sta interrogando le famiglie dei quattro terroristi accusati di aver compiuto l’attentato di Mosca. Queste attività di intelligence sul territorio tagiko sono destinate ad intensificarsi nelle prossime settimane, con l’obiettivo di raccogliere informazioni non solo sui responsabili diretti dell’attacco, ma anche su eventuali complici e reti di supporto.
Le pressioni per una cooperazione più profonda in materia di antiterrorismo e sorveglianza
La Russia farà pressioni sui governi dei paesi centroasiatici affinché intensifichino la cooperazione in materia di antiterrorismo e sorveglianza. Mosca chiederà ai servizi di sicurezza di questi paesi di condividere più informazioni, monitorare più attentamente i cittadini a rischio di radicalizzazione e riferire tempestivamente alle autorità russe eventuali segnali di allarme. La Russia potrebbe anche offrire assistenza tecnica e finanziaria per potenziare le capacità di contrasto al terrorismo dei partner centroasiatici.
Gli sforzi per elevare il coordinamento politico attraverso nuovi accordi bilaterali
Per garantire una maggiore allineamento dei paesi centroasiatici alle priorità di sicurezza russe, Mosca potrebbe proporre la firma di nuovi accordi bilaterali o il rafforzamento di quelli esistenti. Questi accordi potrebbero prevedere una più stretta cooperazione tra i servizi di intelligence, l’organizzazione di esercitazioni antiterrorismo congiunte e l’istituzione di gruppi di lavoro permanenti dedicati al monitoraggio della minaccia jihadista. La Russia potrebbe anche cercare di promuovere un maggiore coordinamento politico in seno all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), l’alleanza militare guidata da Mosca che include diversi paesi centroasiatici.
I costi finanziari e i rischi politici di misure di sicurezza eccessive per i governi regionali
Tuttavia, l’intensificazione delle misure di sorveglianza e sicurezza in paesi remoti e con scarse risorse come il Tagikistan comporta costi finanziari significativi, che Mosca potrebbe non essere in grado di sostenere interamente nel breve termine. Inoltre, i governi dei paesi centroasiatici dovranno valutare attentamente i rischi politici legati a una cooperazione troppo stretta con la Russia in materia di antiterrorismo. Misure di sicurezza eccessive e repressive potrebbero infatti alienare parte della popolazione locale, aggravare le tensioni etniche e religiose e rendere questi paesi un bersaglio ancora più appetibile per gruppi come l’ISIS-K.
Le opzioni militari della Russia in Afghanistan
Per degradare le capacità dell’ISIS-K e scoraggiare futuri attentati, la Russia potrebbe prendere in considerazione l’opzione di condurre attacchi mirati contro i campi di addestramento del gruppo in Afghanistan. Tuttavia, l’efficacia di tali azioni nel ridurre la minaccia terroristica sarebbe probabilmente limitata, dato il numero relativamente esiguo di obiettivi di alto valore. In alternativa, Mosca potrebbe cercare di intensificare selettivamente la cooperazione in materia di antiterrorismo con i talebani afghani, pur mantenendo pubblicamente le distanze dal regime di Kabul.
Attacchi contro presunti campi dell’ISIS-K per degradarne le capacità
Una delle opzioni sul tavolo per la Russia è quella di condurre attacchi aerei o missilistici contro i campi di addestramento dell’ISIS-K in Afghanistan. Tali azioni avrebbero principalmente un valore simbolico e dimostrativo, volto a rassicurare l’opinione pubblica russa sulla determinazione di Mosca nel contrastare la minaccia jihadista. Tuttavia, l’intelligence russa potrebbe avere difficoltà a individuare obiettivi di alto valore, data la natura sfuggente e decentralizzata dell’ISIS-K.
Se anche poi gli attacchi russi riuscissero a distruggere alcune infrastrutture dell’ISIS-K, è improbabile che questo possa significativamente ridurre la capacità del gruppo di pianificare e condurre attentati al di fuori dell’Afghanistan. L’ISIS-K ha dimostrato di poter reclutare e coordinare i suoi membri attraverso canali online, rendendo meno cruciale la presenza fisica in campi di addestramento. Inoltre, azioni militari troppo eclatanti potrebbero avere l’effetto controproducente di accrescere l’attrattiva dell’ISIS-K agli occhi di potenziali reclute, alimentando un ciclo di violenza e ritorsioni.
In alternativa o in parallelo agli attacchi diretti, la Russia potrebbe cercare di instaurare una cooperazione selettiva con i talebani afghani nella lotta contro l’ISIS-K. Pur mantenendo pubblicamente le distanze dal regime di Kabul, Mosca potrebbe condividere informazioni di intelligence con i talebani su potenziali minacce terroristiche, o coordinare azioni mirate contro obiettivi comuni. I talebani, dal canto loro, potrebbero vedere in questa cooperazione un’opportunità per accrescere la loro legittimità interna ed internazionale, dimostrando il loro impegno nel contrastare il terrorismo e guadagnando un’influenza negoziale sulla Russia e i suoi partner centroasiatici.
Conclusione
L’attentato di Mosca ha messo in luce la persistente minaccia terroristica posta dall’ISIS-K alla sicurezza della Russia e dell’intera regione centroasiatica. Nonostante la retorica accusatoria nei confronti dell’Ucraina, è improbabile che questo tragico evento porti a un cambiamento fondamentale nella strategia militare russa nel conflitto ucraino. Mosca adotterà probabilmente una serie di contromisure antiterrorismo limitate, che tuttavia non saranno sufficienti ad eliminare completamente il rischio di ulteriori attacchi. Nel lungo periodo, l’attentato potrebbe avere implicazioni geopolitiche significative per le relazioni della Russia con i paesi dell’Asia centrale e con l’Afghanistan.
La strategia militare russa in Ucraina
Nonostante i tentativi di collegare l’attentato di Mosca al conflitto ucraino, è improbabile che questo evento porti a una svolta decisiva nella strategia militare russa. Il Cremlino continuerà a dare priorità al raggiungimento dei suoi obiettivi geopolitici in Ucraina, cercando al contempo di contenere la minaccia terroristica proveniente dall’Afghanistan e dall’Asia centrale con misure mirate ma limitate. Una drastica redistribuzione delle risorse militari a favore del fronte meridionale rischierebbe infatti di compromettere i progressi faticosamente ottenuti in Ucraina.
La persistenza della minaccia terroristica dell’ISIS-K
Le contromisure antiterrorismo che la Russia adotterà in risposta all’attentato di Mosca, per quanto necessarie, saranno probabilmente insufficienti ad eliminare completamente la minaccia posta dall’ISIS-K. La presenza di milioni di lavoratori migranti provenienti dall’Asia centrale, le difficoltà nel controllare i flussi di persone e merci attraverso le frontiere, e la capacità dell’ISIS-K di reclutare e coordinare i suoi membri online rendono estremamente complesso prevenire ulteriori attacchi. La Russia dovrà quindi prepararsi a convivere con un rischio terroristico persistente, adattando le proprie strategie di sicurezza a questa nuova realtà.
Le relazioni della Russia con l’Asia centrale e l’Afghanistan
Nel lungo periodo, l’attentato di Mosca potrebbe avere implicazioni geopolitiche significative per le relazioni della Russia con i paesi dell’Asia centrale e con l’Afghanistan. Da un lato, la minaccia comune rappresentata dall’ISIS-K potrebbe spingere verso una maggiore cooperazione in materia di antiterrorismo e sicurezza, rafforzando il ruolo della Russia come garante della stabilità regionale. Dall’altro, eventuali misure repressive o economicamente dannose adottate da Mosca potrebbero alienare parte delle popolazioni centroasiatiche, creando nuove fratture e opportunità per altri attori internazionali, come la Cina o la Turchia, di espandere la propria influenza nella regione. Molto dipenderà dalla capacità della Russia di calibrare la propria risposta, trovando un equilibrio tra le esigenze di sicurezza e la necessità di preservare la stabilità sociale ed economica dell’Asia centrale.