Dopo le rivolte del 2022 e l’invasione dell’Ucraina il Kazakistan, il più grande paese dell’Asia Centrale, attraversa una fase di incertezza sul proprio futuro. Lo scontro interno agli apparati tra sostenitori di Qasym-Jomart Toqaev e uomini dell’ex Presidente Nazarbayev è ancora oggi in corso. Ultimo atto dello scontro è stata la decisione del Senato di rimuovere il titolo di “Senatore a vita” all’ex Presidente e di rimuoverlo come membro dell’Assemblea[1].
Nazarbayev ha governato in modo autoritario per quasi trent’anni, governando una fase di forte trasformazione del paese a seguito della dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. In questo periodo, grazie alle rendite per la vendita del petrolio e gli idrocarburi, nonché grazie allo sfruttamento massiccio delle miniere di uranio, il Kazakistan ha conosciuto una delle crescite economiche più significative tra gli ex paesi dell’URSS. Tuttavia, tale ricchezza non ha mai raggiunto la popolazione kazaka che ha, anzi, visto peggiorare le sue condizioni economiche generali mentre Nazarbayev e una ristrettissima élite hanno accumulato notevoli fortune personali[2].
Nazarbayev, ormai ultraottantenne, aveva dovuto lasciare la Presidenza nel marzo del 2019 a seguito di alcune forti proteste popolari. Tuttavia, ha continuato ad esercitare una fortissima influenza, sia sul suo successore, sia sull’intero paese attraverso la Presidenza del Consiglio di Sicurezza kazako. È solo a seguito delle rivolte dell’inizio del gennaio 2022 che Nazarbayev ha dovuto progressivamente lasciare ogni incarico, fino ad arrivare alla già citata rimozione dal Senato.
Il non roseo quadro economico, inoltre, contribuisce ad aggravare la situazione di stabilità interna. L’inflazione ha raggiunto ormai un picco del 21%[3], il livello più alto mai raggiunto dall’indipendenza. Un ulteriore elemento di preoccupazione è dato dall’oscillazione dei prezzi del carburante che furono la causa iniziale delle rivolte del gennaio 2022.
I rapporti con la Russia
Il presidente Toqaev sembra deciso a guidare il paese verso un’ulteriore transizione che porti ad una definitiva estromissione del clan Nazarbayev[4]. Il vasto programma del Presidente sembrerebbe ricco di ostacoli interni ma anche da fattori esogeni al paese.
Uno degli elementi chiave per la risoluzione della grande instabilità causata delle rivolte del 2022 è stato l’intervento di forze militari provenienti dai paesi alleati della Collective Security Treaty Organization (CSTO). Lo sforzo congiunto delle forze armate di Russia, Bielorussia, Armenia, Tagikistan e Kirghizistan ha svolto un ruolo cruciale per scongiurare qualsiasi tentativo di coup d’état ed ha al contempo dimostrato una vitalità dell’alleanza che oggi sembra essere messa in discussione. Le forti critiche che Yerevan ha mosso a Mosca – rea di non difenderla dalle azioni giudicate aggressive dell’Azerbaijan[5] – e il disaccordo sorto in seno all’alleanza per la guerra in Ucraina, pongono dubbi sulla tenuta della stessa.
Questa circostanza costituisce un fattore di incertezza per la stabilità del Kazakistan che, di fronte a possibili ulteriori rivolte future, potrebbe non poter contare sull’intervento degli alleati.
A questo va aggiunta l’incertezza dei rapporti tra Astana e Mosca. Infatti, non è al momento chiaro quanto i russi si fidino di Toqaev, soprattutto dopo che questi ha negato il suo sostegno all’invasione Ucraina, vietando l’uso della “Z” e altri simboli militari russi in territorio kazako, annullando la parata del Giorno della Vittoria Sovietica e persino dichiarando che non avrebbe riconosciuto le regioni separatiste del Donbass.
Probabilmente, Astana ha potuto permettersi una certa libertà perché Mosca non può permettersi di perdere ulteriore terreno, soprattutto in Asia Centrale. Una volta concluso o stabilizzato il conflitto europeo, non è da escludersi che la Russia possa decidere di cogliere qualche occasione per punire e liberarsi di Toquaev appoggiando una figura più gradita.
Nonostante i tentativi degli Stati Uniti[6], sembra difficile immaginare un vero allontanamento del Kazakistan della Federazione russa, magari attraverso un avvicinamento alla Cina. Astana e Mosca condividono un certo legame economico, culturale, etnico e uno dei confini più lunghi al mondo e questi elementi sembrano una sufficiente garanzia al mantenimento di un rapporto privilegiato. Inoltre, l’ipotesi di un allineamento del Kazakistan con Pechino sembra possibile fino ad un certo punto, non fosse altro che per l’antipatia e l’ostilità che le popolazioni dell’area centrale provano nei confronti degli Han.
I possibili scenari
In conclusione, il futuro del Kazakistan nel lungo periodo appare incerto. La probabilità di nuove rivolte legate all’insoddisfazione della popolazione per le condizioni economiche rimane alta, insieme alle tensioni causate dalle fratture nell’establishment rendono il paese altamente instabile, almeno in una prospettiva di lungo periodo. In questa circostanza, non è nemmeno da escludere la possibilità che possa avvenire un cambio di regime o una sostituzione al vertice orchestrata con il sostegno di Mosca.
Riferimenti